31° Festival del Cinema Latinoamericano di Trieste

di

Davide Rossi

 

 

A fine ottobre Trieste diventa parte dell’America Latina, cuore pulsante di una grande tradizione di lotta per la libertà e l’eguaglianza. La rilevanza del Festival promosso da Rodrigo Diaz è confermata dalle rilevanti presenze alla premiazione dei vincitori, tra gli altri la Consigliere culturale dell’Ambasciata Argentina in Italia Irma Rizzuti, il Console del Cile a Trieste Alessandro de Pol, la Presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat e il politico ed economista Valdo Spini. La giuria presieduta da Juan Carlos Rulfo, regista e sceneggiatore messicano ha riconosciuto quale miglior film a “Magallanes” di Salvador del Solar, il quale, partendo dal racconto “La Pasajera” di Alonso Cueto ci immerge con maestria dentro il drammatico passato del Perù. Magallanes è il nome di una recluta dell’esercito in pensione, taxista a Lima per sopravvivere, interpretata con enorme qualità dal messicano Damián Alcázar. Magallanes un giorno incontra Celina, volto e sentimenti trasposti da Magaly Solier, resa celebre dai film “Madeinusa” e “La teta asustada” di Claudia Llosa. Celina è una ragazza quechua rapita dai militari a quattordici anni e che con fatica cerca di costruirsi una vita serena oltre le violenze subite, Magallanes torna ad amarla come un tempo, ma la violenza del passato ha scavato solchi incolmabili. La giuria sottolinea la realizzazione, la regia degli attori, la padronanza della tematica e la costruzione della trama che esalta la dignità umana. L’interpretazione della protagonista esprime una posizione dell’America Latina che cerca di porre fine alla sua vulnerabilità storica”.

Importante il premio Malvinas, assegnato dalla Giuria formata dagli studenti di spagnolo del Liceo Marco Belli di Portogruaro a “Soldado argentino sólo conocido por Dios” dell’argentino Rodrigo Fernández Engler, capace di sottolineare, come dicono i ragazzi, “l’inutilità della guerra come strumento di risoluzione dei contrasti, evidenziando le conseguenze di un conflitto armato sulle vite dei reduci e delle loro famiglie”.

Menzione speciale per il documentario  “Lumi Videla” della cilena Paz Ahumada giudicato un grido “aspro e imperfetto, ma intenso e straziante del fratello, della cugina e del figlio di Lumi Videla con il quale esprimono uno dei dolori simbolo dell'America Latina”. Il film è il racconto della morte della dirigente del MIR Lumi Videla, torturata, assassinata e gettata nei giardini dell’Ambasciata italiana durante la dittatura di Pinochet, un messaggio del regime contro la missione diplomatica dove molti cileni perseguitati dalla dittatura trovavano asilo.

Come sempre quindi un festival intenso e impegnato, appuntamento all’ottobre 2017, per la 32° edizione.