La Traviata alla Fenice e Venezia 74° Mostra d’Arte Cinematografica

di

Federico Brambilla

 

Negli stessi giorni della 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nella splendida cornice del celebre teatro La Fenice, capace di prepotenti rimandi a quel capolavoro che è “Senso” di Luchino Visconti, va in scena una ricca edizione della Traviata verdiana. D’altronde già Nietzsche scriveva: “quando cerco un sinonimo della parola musica, non ne trovo che uno solo: Venezia”. Affidata alla regia di Robert Carsen, capace di trasporla ai giorni nostri, e diretta con grande misura da Enrico Calesso, l’opera si è avvalsa della notevole interpretazione del soprano ucraino Ekaterina Bakanova nei panni di Violetta.

A Venezia 74 – 2017, il Leone d’Oro della Mostra d’Arte Cinematografica va a Guillermo Del Toro un riconoscimento ad un film americano, sebbene diretto da un messicano, una favola un po’ melensa e fin troppo corretta: ricca di elogi della diversità e della marginalità. Teofanie a parte, pur aprendosi con il debolissimo “Downsizing” di Alexander Payne, favola eco-umanitaria buona forse per imbonire qualche progressista in libera uscita la domenica pomeriggio, i film deludenti sono stati pochi. Su tutti il divisivo, suo malgrado, “Mektoub my love” di Kechiche: inno alla vita all’interno di una mostra invero un po’ senile, è l’ennesima dimostrazione della facilità con cui il regista riesca a descrivere il desiderio e i sentimenti sul nascere, in un corpus filmico di coerenza evidente: da “La schivata”, a “La vie d’Adele”, passando per “La graine et le moulet”, Kechiche sta costruendo un grande romanzo di formazione, che va via via liberandosi di ogni contingenza narrativa.

“L’insulte” di Ziad Doueiri, dramma legale forse troppo lungo ed enfatico ma capace di restituire la complessità e le implicazioni, pubbliche e private, seguite alla guerra civile in Libano ci mostra con forza il razzismo e la violenza del mondo cristiano maronita e le difficoltà nelle quali vivono i profughi palestinesi, esuli dal 1948 e poi dal 1967 per le guerre aggressive e discriminatorie condotte da Israele.