“I nuovi dolori del giovane W.” di Ulrich Plenzdorf

di

Davide Rossi

 

Plenzdorf lascia Berlino Ovest per Berlino Est nel 1950 a sedici anni, a dimostrazione che c’era chi fuggiva in senso contrario, e fino alla morte nel 2007 sarà fortemente critico con la riunificazione, da lui giudicata più propriamente una annessione della DDR da parte degli occidentali. Sceneggiatore del più grande successo cinematografico della DDR, “La leggenda di Paul e Paula” del 1973, storia d’amore tra due ragazzi berlinesi di quegli anni, scrive l’anno precedente il romanzo, breve, ma esilarante, “I nuovi dolori del giovane W.”, storia di un ragazzo che ha un amico, una vita disperata, un grande amore che però sposa un altro, e come il Werther goethiano, alla fine muore, ma esattamente due secoli dopo. W. però si chiama Edgar Wibeau, cognome che andrebbe pronunciato alla francese, ovvero “Uibò” essendo discendente di ugonotti francesi riparati in Brandeburgo al tempo delle persecuzioni contro i protestanti, si accontenterebbe d’essere chiamato alla tedesca “Wibeau”, ma mal sopporta che i professori a scuola tedeschicizzino il suo cognome in “Wiebau”. La madre direttrice della scuola tollera, lui no. Ragazzo modello, all’ennesimo scontro di un suo compagno con uno dei professori più noiosamente al di fuori di una autentica sensibilità didattica, si lasca scivolare un lastrone di marmo sul piede del docente e scappa dal paesello di provincia a Berlino, capitale della DDR. Qui diventa capellone, ascolta musica rock su audiocassette mal in arnese, vive in un capanno che deve essere abbattuto per lasciare spazio ad un nuovo quartiere e registra audiomessagi commentando gli avvenimento che gli capitano e inviandoli per posta all’amico che lo ha solo accompagnato nella fuga, per fare poi ritorno nella quieta provincia. I messaggi però, seppure sempre pertinenti con ciò che gli accade, sono frasi estrapolate da un romanzo in stampa economica che ha ritrovato nel cesso in giardino e di cui non conosce il titolo essendo stata utilizzata, la copertina e le prime pagine, per pulizie fisiologiche. Il romanzo è ovviamente il testo goethiano. Sulla scena così si alternano l’amata, maestra del giardino d’infanzia, il fidanzato e neo-sposo della stessa, già militare e quindi studente, i compagni del cantiere edilizio, che mettono tra l’altro in luce come nella DDR le squadre di lavoro si fondassero anche sul contributo di lavoratori volontariamente offertisi e non selezionati, spesso provenienti da altre occupazioni e da queste allontananti per scarso rendimento, in cerca, dentro l’edilizia di una specie di salario sociale in cambio di poco lavoro o ancor meno, che spiega tra l’altro i ritmi non certo duri di lavoro nel settore nella Germania socialista e i tempi sempre lunghi per portare a termine le opere. Alla vigilia di natale, mentre sperimenta una sua invenzione, a causa di una scossa elettrica, muore. Tutti poi, genitori separati compresi, lo compiangono e uno degli elementi davvero spassosi del libro è che si tratta di un perenne contrappunto tra le memorie dei vivi e i commenti del morto, Edgar, che di volta in volta conferma o smentisce considerazioni e fatti. Unico testo dell’autore tradotto in Italia ed editato nel 1973 da Feltrinelli, sconta la ricerca di un gergo giovanile, che tuttavia è molto lontano da quello parlato dai ragazzi di oggi, ammesso che lo fosse per i ragazzi di allora. Un passaggio spiega bene come una parte della gioventù tedesca orientale si sentisse a disagio dentro alcune rigidità sociali, culturali e scolastiche dell’esperienza socialista: “Marx, Engels, Lenin. Non avevo niente contro Lenin e gli altri. Non avevo neanche niente contro il comunismo e così via, l’abolizione dello sfruttamento in tutto il mondo. Non ero affatto contro. Ma ero contro tutto il resto. Che per esempio una metta i libri in ordine di formato. La maggior parte di noialtri la pensa così. Non hanno niente contro il comunismo. Nessuno che abbia un minimo di intelligenza oggi può avere qualcosa contro il comunismo. Ma quanto al resto sono contro. A essere a favore non ci vuole nessun coraggio. Invece tutti vogliono avere coraggio. Di conseguenza uno è contro. È così.” Plenzdorf segnala nella rigidità del sistema un limite che riduce il consenso e se ne preoccupa. Un’altra battuta del protagonista è rivelatrice: “le nostre anime immortali erano apparentate. Solo le tue circonvoluzioni cerebrali erano più ad angolo retto delle mie.  Un testo interessante e divertente, intelligente, pagine di quella letteratura socialista che purtroppo trovan sempre meno spazio nella riflessione storica e letteraria presente.