“Cacao” di Jorge Amado

di

Davide Rossi

 

Ho tentato di raccogliere in questo libro, con un minimo di letteratura e un massimo di onestà, la vita dei braccianti nelle fazendas di cacao del sud di Bahia. Che sia un romanzo proletario?” È lo stesso Jorge Amado ventenne ad ammettere nel 1933 con una domanda ironica a exergo del suo primo romanzo il suo impegno politico con i comunisti brasiliani. Amado capitolo dopo capitolo, unendo sublimi qualità letterarie con dichiarato impegno per il riscatto degli ultimi, costruisce pagine del tutto ascrivibili a quella letteratura proletaria che dentro o fuori i canoni del realismo socialista è stata un patrimonio capace di accomunare gli scrittori marxisti del Novecento, da Anna Seghers a Pablo Neruda, solo per citare due suoi amici.

L’incipit del romanzo restituisce per intero la violenza a cui soggiacciono i lavoratori: “Le nuvole riempirono il cielo fino a che cominciò a cadere una pioggia pesante. Neanche una briciola di azzurro. Il vento scuoteva gli alberi e gli uomini seminudi rabbrividivano. Gocce d’acqua cadevano dalle foglie e scivolavano sugli uomini. Solo i muli parevano non accorgersi della pioggia. Nonostante il temporale gli uomini continuavano a lavorare.” Si apre così una sequela di violenze dei padroni sui lavoratori, di piccole sopravvivenze, di alcol, di prostituzione quale sola consolazione di uomini soli e solo lavoro per ragazze povere, di fame e di sfruttamento, di religione utilizzata come clava del potere per schiacciare il prossimo e non per liberarlo, di lavoro remunerato meno della dignità di una persona, di rabbia e di comprensione della possibilità di un mondo più giusto e più rispettoso del diritto al lavoro e alla vita per ciascuna persona grazie al marxismo. “Alle nove della sera il silenzio riempiva tutto e noi ci allungavamo sui tavolacci che servivano da letto e dormivamo un sonno solo, senza sogni né illusioni. Sapevamo che avremmo continuato a cogliere cacao per guadagnare il salario che lo spaccio ci avrebbe portato via. … Più animali che uomini, avevamo un vocabolario ridottissimo, in cui imparavamo le parolacce. Io a quel tempo, come tutti i braccianti, non sapevo niente della lotta di classe, ma sospettavamo qualcosa.”

Alla fine il giovane protagonista, pur tentato dalla figlia del padrone, lascia la fazenda e si dirige nella capitale: “Il giorno dopo salutai i compagni. Il vento accarezzava i campi e per la prima volta mi accorsi della bellezza del posto. Guardai senza rimpianto la casa padronale. L’amore per la mia classe, i braccianti e gli operai, amore umano e grande, avrebbe cancellato l’amore miserevole per la figlia del padrone. La pensavo così e con ragione. Partivo per la lotta con il cuore libero e felice.” Il riscatto delle masse contadine brasiliane verrà costruito poco a poco, cercando di vincere la violenza delle dittature imposte dall’imperialismo. I lavoratori nelle loro lotte terranno stretti i libri di Jorge Amado, inno poetico alla giustizia e alla libertà.