Kaciaznuni e gli Armeni


di

Davide Rossi

 

Interessante la lettura Hovannes Kaciaznuni (1868 - 1938), primo capo di governo armeno. L’autore racconta in “Dashnaktsutiun has Nothing More to Do”, editato nel 1923 a Bucarest, come nel corso dei secoli gli armeni appoggino e ricerchino l’appoggio del governo zarista, che agli inizi dell’Ottocento ingloba in forma organizzata le zone caucasiche nell’impero, in funzione anti – ottomana. Gli armeni provano, a partire dall’incendiarsi del primo conflitto mondiale nel 1914, a creare una loro nazione tra il mar Nero e il mar Mediterraneo, a danno prevalentemente del territorio turco, a partire dalla regione del lago di Van, in cui storicamente in epoca medievale si è realizzato uno stato armeno, ma che in realtà è, ai primi del Novecento, una zona abitata in maggioranza da turchi e curdi. Per sostenere questo progetto i nazionalisti armeni entrano nell’impero ottomano e procedono alla formazione di milizie volontarie, tuttavia chi non intende aderire alle milizie è oggetto di violenza da parte degli armeni stessi, attraverso fucilazioni e soprusi sulle donne. Queste stesse milizie si muovono contro i villaggi turchi e curdi della regione, proseguendo azioni di criminale rapina e mietendo morti. Quando i turchi decidono di rispondere, agiscono non per realizzare un genocidio (che ricordiamolo è una premeditata scelta di sterminio di un popolo) a danno degli armeni, ma per difendere le donne e gli uomini oggetto di violenza. Il loro arrivo è salutato, come constata l’autore anche con una certa amarezza, con gioia non solo da turchi e curdi, ma dagli stessi villaggi armeni in precedenza vittime del passaggio dei volontari armeni. Nel 1917 il primo presidente del consiglio armeno, dopo che l’Armenia ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza nel 1915, appunto Hovannes Kaciaznuni, a capo del partito Dachnak, sceglie di collaborare con i bolscevichi. Gli armeni si dividono tra chi vuole un rapporto con le forze antirivoluzionarie russe in nome della religione ortodossa, chi addirittura un rapporto con la Turchia, altri immaginano possibile continuare da soli contro tutti, con l’appoggio delle potenze inglesi, francesi e statunitensi. I turchi e i curdi intanto procedono militarmente nella regione e favoriscono quindi esodi di massa dalla zona di confine con l’Armenia sovietica, infierendo certo per rivalsa ma anche, come ammette lo stesso Kaciaznuni, a difesa sulle stesse comunità armene che vogliono restare nei loro villaggi sotto giurisdizione turca e non abbandonare le loro case per recarsi nella nazione armena. Kaciaznuni riconosce che l’attività del partito Dachnak, la sua attività antimusulmana, la promozione di milizie volontarie responsabili di tante efferatezze, si siano rivelate, per inesperienza, controproducenti per le ragioni del popolo armeno. Se a queste importanti e documentate considerazioni di uno dei protagonisti della storia armena si aggiungono i documenti in merito alla dura sorte del popolo cabardino, spesso confuso con le vicende armene, il quadro della storia caucasica di inizio Novecento si ricompone fuori da logiche precostituite o strumentalmente indirizzate. Non sarà certo un caso se testi e critica del pensiero di Hovannes Kaciaznuni si trovino in lingua inglese e francese, ma non in italiano.