George Orwell e l’imperialismo “democratico’’

 

di

Stefano Zecchinelli

 

Gli scritti di George Orwell (il cui vero nome era Eric Arthur Blair), al di là delle indiscusse qualità letterarie del giornalista inglese, ci delineano l’origine trotzkista del neoconservatorismo statunitense. La storia del movimento operaio presentò – negli anni ’30 del secolo scorso – questa anomalia: un ristretto numero di ‘’marxisti’’ critici verso il potere staliniano decisero di stringere una alleanza tattica con l’imperialismo ‘’democratico’’, statunitense, ma soprattutto britannico, accettando di farsi corrompere dai loro servizi segreti. Una forte disillusione, unita alla sovrapposizione delle libertà individuali sui diritti sociali, caratterizzò il passaggio di alcuni, seppur non ininfluenti, ideologi laburisti nel campo dell’estrema destra capitalista. Orwell, da questo punto di vista, è una sorta di conservatore incompleto.

Poco prima di morire Orwell consegnò all’MI6 una lista (cito il diretto interessato): "di giornalisti e scrittori che a mio parere sono criptocomunisti, simpatizzanti o compagni di strada dei comunisti" 1. Lo rivelazione viene dal The Guardian; nel marzo '49 Celia Kirwan (funzionario dell'Information Research Department) trovò nell’ex socialista, malatissimo, un fedele sostenitore del nazionalismo britannico. I due parlarono per molte ore: “egli dichiarò di approvare entusiasticamente e di tutto cuore i nostri scopi”. Orwell non occultò, durante tutta la conversazione informale, il suo antisemitismo ed un marcato disprezzo nei confronti degli omosessuali. Fu l’autore di 1984, a sconsigliare all’MI6 di battere sulla carta dell’antisemitismo nella guerra psicologica contro l’Unione Sovietica: "Per quel che può valere, la mia opinione è che non possa essere una carta vincente nella propaganda contro i russi, i quali non potrebbero mai dichiararsi antisemiti alla nazista così come non può farlo l’Impero Britannico. Fra l’altro, i partiti comunisti dovunque sono pieni di ebrei... E penso anche che sia cattiva politica quella di fare regali ai nemici. Gli ebrei sionisti ci odiano, considerano l' Inghilterra un nemico peggiore della Germania. Naturalmente ciò nasce da un malinteso, ma non mi sembra che faremmo un favore a noi stessi denunciando l’antisemitismo in altre nazioni”. L’intesa fra questa figura, divenuta improvvisamente losca, ed i nemici storici della classe operaia lasciò Michael Foot – cito testualmente – ‘’esterrefatto’’. L’analista marxista Alexander Cockburn ritenne i pregiudizi di Orwell, soprattutto contro ebrei ed omosessuali, figli dell’ignoranza “aristocratica” d’uno scrittore – secondo lui – fortemente sopravvalutato. Il giornalista Manuel Medina, ci ha recentemente svelato l’opera di plagio inerente al saggio “La fattoria degli animali”. Leggiamo: “Il “New Yorker”, ad esempio, i cui esigenti critici letterari erano molto avari quando si trattava di elogiare, titolarono “La fattoria degli animali” un libro “assolutamente magistrale”, e sosteneva che si dovesse considerare a Orwell “uno scrittore di punta, paragonabile a Voltaire”. Poiché non poteva essere inferiore, l’infrastruttura della CIA ad Hollywood se ne prese carico finanziando la versione cinematografica di “La fattoria degli animali”. Non si risparmiarono dollari quando si trattava d’investire. Un esercito di ottanta disegnatori assunse il compito di costruire le 750 scene coi 300mila disegni a colori che la produzione del film richiese’’. “La verità è che George Orwell non fu in questa occasione esempio di originalità. Il suo romanzo si rivelò il plagio dell’opera “Noi”, scritto da Evgenij Zamjatin, un narratore russo del primo Novecento, che fuggì dal Paese nel 1917, alla vigilia della Rivoluzione. È di poca importanza se il tipo di società descritto da Orwell in “1984” corrispondesse allo stalinismo o alla società dei consumi dei Paesi capitalisti. Il fatto è che il libro fu una meraviglia per la CIA e la sua offensiva ideologica in Europa. Un dettaglio che Orwell non solo non ignorava, ma usò come sbocco per il suo sgradevole anticomunismo’’. Gli scritti di George Orwell terrorizzarono milioni di persone rafforzando la propaganda nel tempo della guerra fredda degli imperialismi statunitense ed inglese. Lo storico trotzkista Isaac Deutscher ne rimase disgustato e descrisse, con questo significativo aneddoto, l’impatto che il libro provocò sull’opinione pubblica nordamericana: “Ha letto quel libro? Deve leggerlo, signore, quindi saprà perché dobbiamo lanciare la bomba atomica contro i bolscevichi!” “Con quelle parole” disse Deustcher “un miserabile cieco, uno strillone, mi raccomandò a New York “1984”, poche settimane prima della morte di Orwell”. Insomma, della sorte della classe operaia europea e dei popoli coloniali, l’ex miliziano del POUM, dal 1940 in poi “se ne fregò altamente’’. Lo stesso Orwell, definito dagli statunitensi ‘’Primo Grande Cavaliere della Guerra Fredda’’, riferendosi proprio a 1984 dettò alle agenzie una nota significativa: "Alcuni recensori hanno sostenuto che 1984 rappresenti il modo in cui l' autore immagina quello che avverrà nell' Europa occidentale nei prossimi quarant' anni. Non è esatto... Dopotutto è solo una parodia... Io penso che qualcosa di simile potrebbe accadere se si lasciasse che il mondo andasse nella direzione in cui sta andando... Il pericolo è anche nel fatto che gli intellettuali di ogni colore accettano una visione del mondo totalitaria. Morale: non lasciate che accada”. Paradossalmente, la società anglosassone si trasformò nella distopia totalitaria scongiurata da Eric Arthur Blair negli ultimi dieci anni della sua vita. L’americanizzazione dei costumi è la forma più subdola di uniformità del pensiero e di marginalizzazione della diversità, tutte cose che Orwell avrebbe dovuto prevedere e, con un minimo d’onestà intellettuale, denunciare.