Pisacane in un libro Mimesis

di

Alessandro Ripoli

 

Mimesis ha pubblicato una importante raccolta di testi di Carlo Pisacane, sotto l’appropriato titolo di “Eguaglianza”, perché proprio al più alto valore umano Pisacane ha dedicato la sua vita di militante. Nato a Napoli nel 1818 è morto nel 1857 a Sanza, nel Salernitano, mentre cercava non lontano da Sapri di far scoprire agli sfruttati lavoratori della terra quella libertà che mai avevano conosciuto. Pisacane a tutti gli effetti può essere annoverato tra le maggiori figure rivoluzionarie del Mezzogiorno italiano. Patriota di ideologia socialista aveva combattuto e offerto il suo contributo intellettuale anche nella Repubblica Romana di Garibaldi, Mameli e Mazzini, dal quale lo distinguevano vivaci divergenze, pur nella comune militanza rivoluzionaria. Strenuo sostenitore della Repubblica Partenopea giacobina del 1799, ha sempre sostenuto, per azzerare tutte le differenze di classe, la necessità di rilanciare un programma politico giacobino. Avversario delle dominazioni straniere e della frammentazione della penisola in vari staterelli, nemico di ogni centralismo amministrativo, auspicava una unificazione improntata a un federalismo comunale, capace di promuovere l’autonomia locale, sotto l’egida di un governo centrale incaricato delle questioni internazionali e della sicurezza delle frontiere. Affermava: “Se l'Italia venisse suddivisa in tanti stati per quanti siano i comuni, ne risulterebbe di fatto l'unità, i sacrifici che gli verrebbero imposti da un patto comune non potrebbero essere che lievi, e non sperando di reggersi e grandeggiare ognuno da sé in faccia ai stranieri, troverebbero un giusto compenso nel patto comune, non che nell'unità”. Oggi l’idea di un’Italia federata e socialista con i soli comuni quale motore amministrativo e territoriale può sembrare superata dalla costruzione europea, seppur così fragile, tuttavia il federalismo di Pisacane implica una partecipazione di massa alla vita pubblica, modalità d’impronta progressista e ovviamente vissute con ostilità dalle classi borghesi. Pisacane con forza sottolinea come il popolo italiano debba tornare ad essere libero ed emanciparsi da tutte le forze occupanti. Il Capitale si nasconde sempre sotto tutte le dominazioni, a partire da quella psicologica, capace di suscitare negli oppressi uno stato di sudditanza nei confronti dei loro oppressori. Socialismo e uguaglianza diventano così per l’autore un orizzonte insopprimibile e necessario: “la libertà senza l'uguaglianza non esiste, e questa e quella sono condizioni indispensabili alla nazionalità, che a sua volta le contiene, come il sole la luce”. Nemico della proprietà privata, in maniera lucidissima conviene nell’urgenza di costruire una nuova società capace di abolirla e con essa le leggi che la disciplinano. Al proposito cita Mario Pagano quando asserisce la necessità di distruggere gli usurpatori. Pisacane riconosce nel Capitale il vero nemico e ad esso attribuisce le terribili condizioni di vita in cui sono relegati e costretti i cittadini.  Troppa miseria, per colpa del Capitale, distrugge la società, infatti: “La miseria aguzza il pugnale dell'assassino; prostituisce la donna; corrompe il cittadino; trova satelliti al dispotismo”.