1519, Leonardo e l’Avana

 

di

Davide Rossi

 

Mentre nel castello d’Amboise sulla Loira Leonardo di ser Piero da Vinci si spegneva il 2 maggio 1519 a soli sessantasette anni, lasciando l’umanità priva del suo più grande genio, dall’altra parte dell’Atlantico donne e uomini, principalmente schiavi, vincevano la rigogliosità della natura cesellando pietre che oggi sono Patrimonio Unesco. Infatti là, nel cuore dei Caraibi,  gli spagnoli davano vita a San Cristóbal de La Habana, città incuneata nella baia privilegiata dalla mitezza dei venti nella parte settentrionale di Cubanacan, nella lingua taino l’isola grande, toccata da Cristovao Colon nel 1492, dopo il suo primo incontro, avvenuto il 12 ottobre presso l’isola di Guanahanì, oggi San Salvador de Bahamas, con Abya Yala, il nuovo continente che lui presumeva India e che prenderà il nome di Amerika, con tanto di “k” nella sua prima versione cartografica, quella realizzata nel 1507 per l’imperatore Carlo V dal monaco Waldsemuller, molto più affascinato dai racconti sensuali e pieni di donne procaci e generose di Amerigo Vespucci, piuttosto che dalla prosa noiosa e religiosa del portoghese al servizio dei reali spagnoli. A Cristovao Colon, tirato di qua e di là, come spagnolo, catalano e italiano, resta, seppur dimenticato, l’onore di aver chiamato Cuba quell’isola che ancora oggi si chiama così, in onore del suo piccolo paesello natale, appunto Cuba che si trova nel basso Alentejo lusitano. La Cuba caraibica si è chiamata per un po’ Juana, ma poi il nome voluto dall’involontario iniziatore dello sterminio degli amerindi ha preso il sopravvento. Così come la capitale oggi è solo La Habana, anche se come detto il suo nome è San Cristoforo, a cui si è aggiunto “dell’Avana”, per distinguerla dalle città omonime. Difficile oggi sapere se il toponimo Habana venga dal nome del locale capo indio taino Habaguanex o dalla pianura alle spalle della città verso sud che gli indios chiamavano “sabana”. Certo è divertente pensare che nessuno conosca il nome completo della città, così come Caracas è San Giacomo di Caracas o dall’altra parte dell’oceano, Luanda è San Paolo di Luanda. Un travisamento dei fatti che non è estraneo a Leonardo, infatti, ancorché ricordato come pittore, tutti dimenticano che quella è stata la meno significativa e la meno rilevante tra le sue attività, l’inarrivabile vinciano era infatti e prima di tutto un ingegnere e uno scienziato, realizzatore di opere militari, idrauliche, di studi avveniristici che già avevano preconizzato l’elicottero, l’aeroplano e la fotografia, studioso attento della natura e del mondo. In egual modo Michelangelo Buonarroti è stato scultore e architetto, ma anche lui viene ricordato principalmente come pittore. Forse perché la Gioconda e l’Ultima cena per l’uno e la Cappella Sistina per l’altro sono stati in questi secoli più capaci di toccare l’immaginario collettivo di quanto possano riuscirvi le chiuse dei Navigli, la murata di Bellinzona e i primi rudimentali carri armati leonardeschi, o il David, la Pietà e il Mosè michelangioleschi.

La splendida Avana oggi ancora socialista, ovvero priva di quelle pubblicità e di quei segni che omologano mediocremente anche i più straordinari capolavori urbani, prendeva così vita mentre quella del sommo italiano si spegneva, misteri incomprensibili e inesplicabili del tempo che nel suo scorrere vince lo spazio mettendo in contatto quanto mai ha avuto modo di congiungersi.