Nessun uomo deve decidere di un altro uomo

di Davide Rossi

Nessun uomo deve decidere di un altro uomo. Il popolo spagnolo insorge contro lo sfruttamento, è la metà degli anni trenta, sogni e passioni violentemente umiliati da secoli si accendono ispirati dalle bandiere anarchiche. Si chiudono spesso col fuoco le chiese, ma bisogna ricordare che il clero spagnolo è quello che benedice le mordacchie legate sulla bocca dei contadini per la raccolta della vite perché i padroni latifondisti li tengono a pane e acqua ed hanno paura che se la mangino per la fame e la disperazione. Ancora saranno i preti che dopo la vittoria fascista a fronte della mancanza di tori ridotti a bistecche durante i difficili anni della guerra (1936 - 1939) sorrideranno di fronte alle corride organizzate con nani da infilzare dopo essere stati legati su carrucole a forma di toro, d'altronde i nani solo con la Repubblica sono stati considerati esseri umani uguali agli altri, con la dittatura di Franco tornano ad essere figli del peccato con l'aggravante di essere spesso anarchici e comunisti. A guidare gli anarchici è Buenaventura Durruti, da tutti ricordato come onesto e altruista, tra le sue file l'insuperabile cattolica francese Simone Weil e il parroco Jesus Arnal Pena, scrivano della colonna militare guidata da Durruti, ugualmente conquistati dalla sua determinazione e rettitudine, tutta volta ad un mondo d'uguaglianza. Durruti da ragazzo al padrone che gli spara perché ruba dagli alberi la frutta da distribuire ai contadini che non hanno diritto di cibarsene chiede: “dov'è il mio podere ?”.  Durruti è l'uomo che invece di fucilare il proprietario terriero che si è comportato in un modo maggiormente umano con i suoi contadini lo manda a fare l'insegnate ai figli di questi ultimi, perché la rivoluzione ovviamente garantisce sanità e scuola gratuite per tutti, un popolo intero analfabeta al 90% che cadrà nuovamente nell'oscurantismo con la fine della Repubblica e vedrà sparire ogni reale assistenza sanitaria. Non è un mistero che molti anziani ancor oggi siano senza denti, sotto Franco, ovvero sino ai primi anni settanta ai poveri i denti malati vengono strappati, non curati. Capire perché tra ottocento e novecento nella penisola iberica il pensiero di Bakunin e non quello Marx raccoglie il consenso generale è importante. In Spagna il livello di sopraffazione è disumano al di là di ogni immaginazione, i contadini, che formano i tre quarti della popolazione, sono braccianti sfruttati a giornata, nemmeno mezzadri. “Sviluppo industriale”, “accumulazione”, “Stato”, sono concetti lontani, quello che conta è vivere della terra senza faticare come bestie per altri, per loro lo stato centrale è solo quello che fucila con le guardie civili coloro che si ribellano, non esistono servizi forniti.  Questo desiderio di terra e libertà si incontra con quello degli operai catalani, gli unici della nazione, i quali si trovano risolutamente favorevoli ad un pensiero che esalta le autonomie locali rispetto alla centralizzazione statale. Le regioni iberiche si riconoscono nella prima internazionale perché la loro storia e realtà non assomiglia per nulla a quella delle altre nazioni europee.

Gli anarchici che si organizzano nella Confederazione Nazionale del Lavoro (C.N.T.) sono apprezzati perché non ricercano il benessere materiale, sono dignitosi, corretti e animati da un fortissimo senso di giustizia e di uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Con la rivoluzione il loro essere donne e uomini incapaci di ubbidire, perché ubbidire e la condizione per essere comandati, si esalta nell'impegno a realizzare mense popolari e gratuite, assistenza medica, trasporti urbani. Nascono i consultori per una piena e consapevole libertà sessuale delle donne, è un popolo che finalmente può dire “salud!” e non più “adios!” che non è più obbligato a genuflettersi e a baciare le mani dei signori e dei sacerdoti. La spontaneità, il radicamento nel territorio senza un reale coordinamento, pensare che a milioni di iscritti corrispondeva nessun funzionario, se da un lato sospingono il movimento anarchico dall'altro ne saranno, soprattutto nel difficile frangente della guerra, elemento di limite. La società di uguali proposta dal pensiero anarchico tuttavia, senza distinzioni sociali e senza poteri, è l'idea più vicina a quella fratellanza evangelica comunque compresa dalle masse contadine analfabete al di là del servile asservimento al potere da parte della chiesa. In ogni città o villaggio sui cui inizia a sventolare la bandiera rossa e nera ci si organizza liberamente con una varietà multiforme di soluzioni inimmaginabile altrove, come le comuni contadine di vegetariani o di nudisti, certamente impraticabili e impensabili in Unione Sovietica, tra l'altro sostenitrice nella Spagna di allora della tesi frontista scarsamente coerente con la realtà della terra iberica e i convincimenti del popolo. La guerra contro i fascisti, come ogni guerra, porta con sé violenze da entrambe le parti, vale tuttavia la pena ricordare che se gli anarchici fucilano i loro soldati che si permettono di fare violenza alle donne dei villaggi conquistati, al contrario i fascisti stuprano sistematicamente le donne che lottano per la Repubblica, ovviamente con tanto di assoluzione sacerdotale. Una commissione in Francia a fine guerra accerterà 25mila stupri perpetrati dai fascisti, certamente altrettanti sono rimasti sconosciuti perché non denunciati. La vittoria di Franco si nasconde dietro i rosari e il saluto fascista che vuole il divino piegato alla violenza di un mondo che torna ad essere composto da servi e da padroni a cui i primi devono tornare ad inginocchiarsi. Nel bel libro “La cuoca di Buonaventura Durruti”, edito nel 2002, un anarchico sul volgere di quell'esperienza straordinaria afferma:  il nostro è stato “un sogno antico e necessario a cui non siamo stati capaci di conferire la saggezza dei fatti e l'evidenza della storia.  Emilienne Morin compagna di Durruti ha affermato che “non si fa due volte la stessa rivoluzione”, verissimo, in particolare quella spagnola in cui la C.N.T., il sindacato anarchico aveva un radicamento di massa assoluto, capace di coinvolgere i due terzi dei lavoratori. A tanti anni di distanza resta a noi l'impegno e l'obbligo di far conoscere quella irripetibile esperienza ed imparare a diffidare di chi, rappresentando solo sé stesso, intende oggi nascondersi dietro il pensiero anarchico mistificandolo, per comportarsi nemmeno da anarcoide, ma più semplicemente da imbecille, spaccando qualche vetrina durante le manifestazioni.