Il murale magico

di Patxi Irurzun

Abitanti di diverse città del mondo hanno dipinto dal 1998, quando fu distrutto in Chiapas dalle forze militari, copie del murale di Taniperla.

Questa è la storia di un murale magico che è distrutto appena 40 ore dopo essere completato e riappare come proiettato attraverso specchi in diverse parti del mondo: San Francisco,  Toronto, Monaco di Baviera e ancora Madrid, Barcellona o Ruesta, paese del prepireneo aragonese, abbandonato e recuperato dal sindacato CGT. Un murale in cui Zapata rivive con aspetto più indigeno che mai, uno scrittore semina lettere di libertà nel campo, le frontiere hanno forma di cintura di donna, brillano quattro soli e una via d'acqua.

Un murale in cui la vita e i sogni ballano una danza contro la quale non vi è esercito che possa combattere. È il murale di Taniperla, dipinto, sotto la guida dell'artista e professore messicano Checo Valdez, dagli indios Tzeltales del municipio autonomo Ricardo Flores Magòn a Taniperla, Chiapas, Messico, mondo.

Vita e sogni delle terre del fiume Perla

Tutta questa storia comincia proprio quando alcuni credono che termini, l'11 aprile del 1998 un gruppo di militari irrompe all'alba a Taniperla, mitraglia il murale e ne sequestra il coordinatore e altre 20 persone tra cui 12 osservatori internazionali. Il municipio era stato inaugurato il giorno precedente e il murale che ne era testimonianza doveva essere distrutto Il murale era  allo stesso tempo la facciata della “Casa del lavoro delle comunità”. È stato colpito perché rappresentava non ancora la realtà, ma quello che stavano costruendo le 112 comunità di indisos Tzleltales attraverso la municipalità autonoma. Comunità distribuite lungo il corso del fiume Perla, che insieme alle “tanias”, le canne che crescono lungo le sue sponde, formano il nome di Taniperla.

 I municipi autonomi sorgono in Messico nelle terre liberate dagli zapatisti, sono forme di autogoverno, risposte a fronte dell'impossibilità dei contadini indigeni di muoversi liberamente per le terre loro da sempre e che essi lavorano, o accedere a sevizi di base quali la scuola, il centro medico, data la distanza o la profusione di controlli militari ai quali  sono sottoposti con continue umiliazioni. In queste zone sono i campesinos stessi che si organizzano in assemblee costruendo luoghi di pace, municipi autonomi e ribelli all'ingiustizia- illegali. Perché la legge e la giustizia non sempre coincidono. Non è giusto avere tre anni e morire di dissenteria il giorno in cui la dottoressa non ha voglia di visitare, o preferisce visitare solo i simpatizzanti dei partiti di governo,

non è giusto essere donna e vivere portandosi dentro la paura che ad ogni angolo del tuo villaggio un militare possa violentarti. Non è giusto essere uomini invisibili e senza difesa, essere colpito da un proiettile in qualsiasi momento. La legge del mal governo è ingiusta ed è  - essa sì - illegale: gli “Accordi di San Adrès” firmati nel 1996 tra l'esercito zapatista e il governo messicano, i quali riconoscevano i diritti dei popoli indigeni e si impegnavano a risolvere alcuni problemi, non sono mai stati applicati. Per questo, appellandosi all'articolo 39 della costituzione messicana, il quale afferma che il popolo ha il pieno diritto a scegliere la sua forma di governo, il municipio Ricardo Flores Magòn viene inaugurato i giorni 9 e 10 di aprile 1998 con  un ampio consenso delle comunità che lo compongono.

Uno degli atti di questa inaugurazione fu la presentazione del murale, al quale sotto la direzione di Sergio Checo Valdez, professore di comunicazione grafica dell'università autonoma del Messico, avevano lavorato per quattro settimane uomini, donne e bambini di dodici diverse comunità. Uno sforzo all'apparenza inutile, poiché il giorno seguente, quando la comunità viene attaccata dall'esercito, il suo lavoro eloquentemente intitolato “Vita e sogni delle comunità del fiume Perla” è selvaggiamente distrutto. Niente meno che mille uomini armati irrompono all'alba a Taniperla, una comunità di duemila persone, non solo annientano il murale, ma bruciano campi, case e arrestano indiscriminatamente. Gli uomini della comunità erano fuggiti nell'entroterra montagnoso nelle ore precedenti le minacce di smantellamento della municipalità, così la maggior parte degli arrestati sono risultati osservatori internazionali che vengono espulsi dal Messico con obbligo di non ritorno, con l'accusa di incitare alla ribellione ed essere stati sorpresi in flagrante delitto (“flagrante non credo perché stavano dormendo” ironizzò nel suo resoconto il console spagnolo Ramon Gandaria). Peggior sorte corsero il professore messicano Sergio Valdez e il difensore dei diritti umani Luis Menendez anch'egli messicano, incarcerati per più di un anno a Cerro Hueco. Decisamente peggiore è stata la sorte degli stessi indigeni che continuano a soffrire da quell'11 aprile costantemente perseguitati. Senza dubbio può sembrare semplice soffocare la vita, una vita normale, come quella che è riprodotta sul murale di Taniperla e costringerla a  trasformarsi in un sogno, però i sogni non possono essere distrutti così facilmente, allo stesso modo gli zapatisti dicono “non si possono bere i mari né imprigionare i venti”. Il murale, che era stato fotografato da alcuni osservatori solo un'ora prima dell'incursione militare, riappare poco dopo in diverse parti del pianeta.

Qui comincia questa storia.

Gli osservatori internazionali pur espulsi si mantengono in contatto e decidono di riprodurre il murale come segno di solidarietà e di denuncia. Subito viene ridipinto nelle città d'origine degli osservatori: San Francisco, Toronto, Barcellona, … Come riflesso di uno specchio magico e invisibile che proietta i suoi colori luminosi, altri gruppi iniziano ad imitarli, i raggi dello specchio si muovono dalla selvaggia Patagonia argentina verso Venezia, passando attraverso Brasile, Irlanda, Messico, dalle grandi Madrid e Malaga alle piccole Ruesta e Alsasua in Spagna. Sopra muri, enormi lenzuoli o tele di barca, più di trenta murales in tutto il mondo. Forse ancor di più, un numero che non conosce neppure con esattezza Segio Valdez, ispiratore dell'idea. Gli stessi gruppi spesso non si conoscono, ma la notizia si è propagata come un'eco dalla selva Lacandona. Le versioni riprodotte su grandi lenzuoli sono trasportabili e vengono portate ai grandi incontri e antisummit, come nel marzo 2002 a Barcellona, continuando poi a viaggiare verso i più diversi luoghi, lasciando in ogni posto un seme di speranza. In ogni caso le riproduzioni del murale portano sempre con sé un sentimento di profonda solidarietà, di simpatia e di appoggio per la causa zapatista, veramente magico è che ciascuno degli specchi abbia vita propria, che ciascun gruppo che decide di riprodurlo viva esperienze indimenticabili. Crescono sentimenti profondi di solidarietà, speranza, sostegno reciproco, senza dubbio nutriti dal lavoro comune e dai comuni obiettivi. A Toronto presso la missione “Scarboro” artisti locali e studenti lo hanno riprodotto all'interno di un progetto chiamato “Biennale 2000”, nel loro lavoro hanno aggiunto immagini delle differenti comunità della città e tra queste gruppi di immigrati cechi e rumeni. A San Francisco molti di coloro che hanno partecipato alla pittura del murale sulla facciata di una libreria stavano negli stessi giorni organizzando la protesta di Seattle contro l'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). A Bariloche in Patagonia, il murale è stato dipinto sul muro d'argilla del cimitero, aggiungendo la scritta: “riempiendo di colori la frontiera tra i morti e i semi-vivi, perché possa rappresentare un freno alla morte e all'esclusione”. È quindi la storia di molte storie, la storia di un murale che è al tempo stesso uno specchio e molti specchi, con la facoltà prodigiosa di riflettere in differenti parti della terra la vita e i sogni di donne e uomini che si vogliono rendere invisibili, gli indios del Messico. Un murale, uno specchio, che nello stesso tempo riproduce la vita e i sogni di chi, in ogni angolo del piante, lo riproduce, perché è capace di credere possibile un mondo migliore.

I colori dello specchio

Lo “specchio” di Ruesta (Saragozza) è stato dipinto in seguito ad un gemellaggio tra la C.G. T. e gli Indios Tzeltales. Vista l'impossibilità di riprodurre il murale su di un muro è stato deciso di creare il primo “murale mobile” sopra una tela da barca a vela, soluzione che ha consentito all'opera di girare il mondo con i suoi colori. Nel 1999 a la Garriga furono gli alunni di una scuola d'arte a ricreare il murale, sempre adottando il metodo della “tela viaggiatrice”. Il terzo specchio è stato realizzato a Barcellona nel locale “Golden Door” con il prezioso aiuto della comunità del Barrio cinese, di quello pachistano, di disoccupati, bambini… Altri specchi si sono materializzati come per magia in varie parti del mondo sempre accompagnati da quel profumo di solidarietà, amicizia, pace e sogni che sono riusciti ad accomunare tutti gli improvvisati pittori del “murale magico”.

Una frontiera con forma di cintura di donna

La figura di questa donna che simboleggia la madre Terra illumina il murale se lo si osserva da sinistra. È la rappresentazione tanto del paradiso celeste quanto di quello terreno. Come gli indigeni, con i piedi direttamente nella terra, la donna rappresentata cammina scalza sotto il firmamento.

Arteria di acqua

Taniperla significa “canne del fiume Perla”, lungo il corso del fiume vivono le 112 diverse comunità che formano la municipalità e sulle rive nasce una canna particolare chiamata Tania, per gli indigeni l'acqua è vita, lì si bagnano, lavano i loro indumenti, vivono.

La religione di tutte le religioni e nessuna

Originariamente Taniperla è stata una comunità cristiana e cattolica, quindi altre chiese, come le evangeliche si radicarono. La convivenza e l‘idea di spiritualità si realizzano idealmente nella casetta che è il tempio di tutte. Arde anche il “copal” secondo la tradizione indigena e le sue divinità, dentro la casetta gli indigeni hanno dipinto un altro creatore, Checo Valdez.

Una colomba che vola libera

Le assemblee generalmente sono formate da uomini, ma pure le donne hanno diritto a convocare le loro e stanno iniziando a farlo. Il cerchio colorato e armonioso di una assemblea di donne rappresenta la loro liberazione, un aspetto tenuto in particolare importanza nelle municipalità autonome, dove in molti casi gli uomini sono costretti dall'esercito a fuggir nella selva e sulle donne ricadono tutte le responsabilità. Dal centro dell'assemblea una colomba spicca libera il volo.

Semi libertari

Lo scrittore libertario che dà nome al municipio è Ricardo Flores Magon, nato nel 1873 a Oaxaca, scrittore e giornalista ha diretto il periodico Rigenerazione e collaborò con Il figlio di Ahizote. Avversario della dittatura di Porfirio Diaz fu incarcerato ed esiliato a S. Louis in Misssouri e da lì organizzò l'insurrezione della Bassa California. Anche negli Stati Uniti fu incarcerato per aver redatto un manifesto diretto agli anarchici di tutto il mondo. È morto assassinato in un carcere del Kansas, la sua opera più importante è “Terra e libertà”, nel murale ha tra le mani le lettere che compongono la parola “libertà”

Emiliano Zapata del color del rame

Come Flores Magon, l'immagine di Zapata si è fatta più prossima, più familiare agli indigeni, condividendone il colore della pelle, nel fazzoletto rosso che porta al collo si legge uno degli insegnamenti zapatisiti: la terra appartiene a chi la lavora.

Una dozzina di testimoni inopportuni

Gli osservatori internazionali sono testimoni neutrali che documentano la violazione dei diritti umani. Dodici di loro sono stati espulsi dal Messico dopo l'attacco a Taniperla dell'11 aprile 1998 con l'accusa di complicità nella creazione della municipalità autonoma, un modo razzista anche per accusare gli indios di non essere capaci di autorganizzarsi.

Una porta per la pace

È l'elemento centrale del murale, vi si dirigono un uomo e una donna portando le decisioni prese dalle diverse comunità, è nello stesso la porta d'accesso alla casa municipale sopra cui è stato scritto in lingua Tzeltal “casa dei lavoratori della comunità” e il simbolo di ciò che la municipalità autonoma aspira ad essere, al centro della porta è ben leggibile la parola PACE.

Soldati disarmanti

Novanta guerriglieri, in maggioranza dell'EZLN, sono tra i monti per proteggere il municipio. Gli zapatisti  sono per gli indigeni dei difensori al contrario dell'esercito che si presenta sempre come un aggressore, nel murale solo nove sono armati e tra essi sono raffigurati la comandante Ramona e un secondo che può essere David o Tacho.

Installazione della luce elettrica

Un diritto e una forma di giustizia, lo stato del Chiapas fornisce il 30 % dell'energia elettrica di tutto il Messico, ma l'80 % dei chiapanechi non ne è mai stato fornito.

No a soldati, droga e prostituzione. Sì a fagioli, mais e pace!

È quello che si legge sulla facciata della scuola comunitaria. A scuola si impara la lingua tzeltal, nel disinteresse degli insegnanti del governo centrale che anche quando i ragazzi camminavano diverse ore per raggiungere la scuola statale per imparare il castigliano non si preoccupavano di loro.

Sogni semplici eppure distrutti

Nella parte che rappresenta l'assemblea degli uomini si vedono scene della vita quotidiana violentemente interrotta dai militari: il caffè posto a seccare, alcuni che giocano, lavoratori che aprono una strada nella selva … scene per noi semplici, anche quando uno dei cammini è aperto verso il sole nascente, simbolo di conoscenza. Per loro invece sono sogni violentemente distrutti.

Checo Valdez, arte e libertà

Sergio Valdez Ruvalcaba, detto Checo, professore universitario, è promotore dei murales comunitari partecipativi e si è trasformato in involontario attivista politico, al punto da essere incarcerato per più di un anno per via del murale di Taniperla. Tutto inizia quando il professor Antonio Paoli invita tre colleghi di comunicazione grafica tra cui Valdez a produrre qualcosa per la difesa dei diritti umani e l'accesso all'istruzione degli indios. Sorge in Valdez il desiderio di conoscere la comunità di Taniperla e là si unisce agli osservatori internazionali. I responsabili della comunità gli chiedono di immaginare un grande murale. Inizia a metà marzo un lavoro che coinvolge più di quaranta persone di dodici comunità, persone dai 16 ai 62 anni, poco scolarizzate, ma animate da un forte senso civico zapatista, per dodici giorni si è discusso il progetto e dodici giorni sono stati impiegati a realizzarlo, alcuni camminavano per otto ore dalla loro comunità per raggiungere Taniperla. Non sono mancati gli sguardi sospettosi di quella minoranza - che non supera un quinto della comunità - favorevole al governo. Con il lavoro sono iniziate le costanti intimidazioni dell'esercito, che ha reso più frequente il pattugliamento della zona. La sera del 9 aprile '98 la festa per l'inaugurazione della comunità era allietata da musicisti locali, tuttavia gli osservatori stranieri e i messicani provenienti dalla capitale sono stati informati che sarebbe stato opportuno per loro prendere la corriera la notte stessa e raggiungere con un viaggio di cinque ore Ocosingo, in quanto si stava verificando un significativo e preoccupante concentramento di truppe governative.

Tutti decidono comunque di restare a fianco del popolo della comunità. Alle quattro del mattino si realizza l'assalto armi in pugno dei militari, grida e colpi contro gli osservatori che ovviamente dormono e vengono trasferiti su una camionetta, rinchiusi lì dentro - dalla graticola - sono costretti ad osservare impotenti la distruzione del villaggio e della casa comunitaria su cui era dipinto il murale. Trasferiti insieme ad alcuni indios - senza possibilità di comunicare tra loro e con l'esterno - di carcere in carcere, passano ben quattro giorni prima che venga loro formalizzata l'accusa: associazione a delinquere, usurpazione di funzioni, violazione della proprietà privata. La sterilità, l'ignoranza, la menzogna del potere riconoscono nell'arte qualcosa di rivoluzionario e per questo l'attaccano. I 17 mesi di reclusione sono stati difficili, ma permettono a Valdez di conoscere una realtà in cui i prigionieri del Chiapas, quasi tutti indios, sono costretti in 1200, in un carcere edificato per 300 prigionieri, a cui si aggiungono 200 familiari circa che in permanenza restano insieme ai loro cari.

72 gli arrestati di quella notte a cui vanno aggiunti alcuni figli e alcune spose che non hanno voluto lasciare soli i loro cari. Subito iniziano le visite di solidarietà, studenti, insegnati, intellettuali, commercianti, artisti, rivoluzionari, da soli o in gruppo, organizzazioni le più variopinte, religiosi, sindacalisti e politici. Un sorte ben più fortunata di molti prigionieri politici messicani di cui non si hanno notizie e a cui quindi è impossibile fare visita.

Poco dopo l'inizio della detenzione si sviluppa un movimento mondiale di solidarietà promosso dagli osservatori espulsi, manifestazioni, documenti di solidarietà, dalle università, dalle realtà sindacali, culturali, sociali, politiche. Le nazioni non si contano: Messico, Spagna, Canada, Argentina, Italia, Francia, Guatemala, …

Pur prigioniero, Valdez non si sente isolato ed anzi riprende a pubblicare dopo 15 anni vignette satiriche per “El Chamuco”.

Nei primi giorni di prigione Valdez e gli altri arrestati vengono a sapere che presso l'università di Città del Messico grazie ad alcune fotografie hanno ricomposto il murale nella sua interezza e lo hanno riprodotto su cartoline con le quali chiedono solidarietà per Taniperla e quanti si sono battuti per la sua libertà.

Dalle cartoline parte l'idea di dipingerlo nuovamente in molti angoli del mondo, dimostrando che il teatro del terrore voluto dai militari che si auguravano così di cancellarlo dalla memoria degli abitanti di Taniperla ha al contrario favorito la sua diffusione confermandone il carattere di solidarietà nazionale e internazionale, la forza comunicativa, nella dimensione più ampia, profonda.

 Checo Valdez così riassume l'esperienza vissuta: “Quando un'opera a cui si è dato vita viene distrutta, ma rinasce molte volte e in luoghi diversi, ci si trova di fronte ad un caso insolito che porta con sé un forte sentimento di fratellanza tra persone libertarie, capaci di creare e rafforzare vincoli che trascendono frontiere e lingue. È un canto umanitario.”

Patxi Irurzun è nato a Pamplona nel 1969, edita la ciberfanzina di letteratura underground “Borraska” (http: borraska.gueb.net), collabora con le più svariate pubblicazioni e ha scritto: Racconti di color grigio (1989), Questione di sopravvivenza (1998), Ciudad Retreite (2002) ed è autore di una guida dedicata all'Avana.

(traduzione a cura di MARTA BENENTI e DAVIDE ROSSI)