Pubblichiamo questo importante articolo del grande sacerdote e scrittore rivoluzionario nicaraguese Cardenal. Abbiamo corretto il meno possibile la traduzione prodotta da amici ispanofoni, crediamo renda per intero l'entusiasmo di un popolo che si batte nella libertà perché ogni uomo possa avere uguali diritti di ogni altro cittadino del Venezuela. Il silenzio assordante della stampa italiana è il segno di un declino democratico preoccupante. Come redazione di “aurora” facciamo il possibile per rimanere semplicemente fedeli alle ragioni che ci hanno fatto nascere quattro anni fa.

 

Davide Rossi

 

Una nuova rivoluzione in America Latina

di Ernesto Cardenal

da Il Nuovo Diario - Managua

 

 Chávez ha  contro  tutti i mezzi di comunicazione privati, e anche gli stranieri. Inoltre l'opposizione ricorre al terrorismo. Le loro manifestazioni politiche sono vandaliche. A Valencia mi raccontarono che ad alcuni studenti che ritornavano da Cuba tolsero le loro valigie ed il loro denaro e tutte le loro appartenenze. Più di 80 leader contadini sono stati assassinati. Ed uno psichiatra mi raccontò che devono trattare clinicamente a molti pazienti affetti di problemi mentali per le campagne di terrore della destra e dei media venezuelani. I giornali ogni volta si vendono di meno per i suoi attacchi a Chávez, ed in    conseguenza hanno abbassato anche i suoi annunci. E loro stessi lo riconoscono. Uno vede per le strade, alla fine del giorno nelle edicole, molti pacchi invenduti di “Il Nazionale” ed “Il  Universale” senza aprire che stanno per essere restituiti. La domanda che si fa il   popolo è Chi paga le perdite di quei giornali?. E chi paga i canali di televisione per dedicare il suo tempo prezioso, non a notizie né annunci, bensì ad attacchi politici?.     A Chávez i mezzi  stanno sempre facendo di lui una  caricatura , con un razzismo nuovo    che è sorto in Venezuela. Si prendono gioco di lui per le sue fazioni ed il colore    della sua pelle. Come ci sono i suoi sostenitori che lo chiamano il Mio Comandante, la    destra lo ha soprannominato Scimmia Mandante: perché è meticcio o mulatto o forse    le due cose, e per il colore della sua pelle un tanto ramata. La campagna della    destra è apertamente anti-paese, e mi raccontarono di un conduttore di    televisione che chiama i poveri brutti, sdentati e neri violenti. I mezzi inoltre stanno richiamando all'insurrezione. La mancanza di rispetto non ha limiti, ed il presidente di un partito gridò a Chávez nella televisione    "Il coño di tua madre!(la f…di tua madre) ". In che paese hanno detto così ad un capo di stato, pubblicamente?    "Credo che non abbia conosciuto un altro paese in cui ci sia tale attacco e una tale impunità nei mezzi di comunicazioni", scrive Marta Harnecker. Con tutto ciò, nessun giornale né    televisione né radio sono stati chiusi. E non ci sono neanche prigionieri politici.   A Merida ci ospitarono in un hotel dove si sistema anche Chávez quando arriva, e mi contarono che allora molta gente, e soprattutto studenti,    fanno lì la veglia tutta la notte, sperando di poterlo vedere in qualche momento e  conversare con lui, ed egli normalmente esce, generalmente di buon mattino, e li saluta  e conversa con loro.   A Chávez l'accusano di populista, ma credo che questo non è vero, e che è    autenticamente rivoluzionario, benché sia anche “populachero”. Il suo amore per    il popolo è evidente, e la sua predilezione per i poveri. Gli parlano di “te”,    soprattutto i più umili. Percorre incessantemente il paese, da    anni, da quando si lanciò per la prima volta alla politica. Ha pescato con    indigeni che pescano con la mano o con una gran pietra, e ha dato loro    strumenti di pesca.  Cita a Bolivar ad ogni momento, lo conosce a memoria. Benché parli molte    ore di  seguito, il popolo sempre è attento, e l'interrompe in qualsiasi   momento , con applausi, grida, consegne, esclamazioni o fischi,    secondo quello che sta dicendo. Somiglia a Fidel, nel senso  che i due parlano    tanto tempo (attirando all'auditorium) ma Fidel è abbastanza serio, ed egli    è abbastanza giocoso. A differenza di Fidel, molto parla di Dio e di Cristo    nei suoi discorsi. Fa molti riferimenti al Vangelo, ed a volte sono riferimenti    falsi, mettendo in bocca di Cristo cose che non disse mai, benché è in quello    stesso spirito di quello che diceva.   Non devo negare che trovai in Venezuela intellettuali onesti, alcuni di    essi miei amici che si oppongono visceralmente a Chávez. Ma per me, la sua    rivoluzione bolivariana è come se Bolivar fosse tornato in Venezuela, da dove l'espulse l'oligarchia. Per me si vive un'autentica rivoluzione, e    non è solamente un leader carismatico, bensì sono milioni di venezuelani che     lo seguono. È una rivoluzione distinta di tutte le altre, come sono    distinte tutte le rivoluzioni.   Forse la cosa più popolare di Chávez è il suo programma "Aló Presidente" di    domenica nella televisione, nel quale riceve chiamate    telefoniche di tutto il Venezuela e discorrendo col suo paese per 5, 6 e 7    ore. Durante quelle ore si paralizza quasi tutto il Venezuela. Mi raccontava una    scrittrice che suo papà non si allontana dalla televisione da quando comincia quel    programma fino a che finisce. Un altro mi raccontava di suo figlio che sta con    quaderno e matita prendendo appunti come in una classe, e lo chiama la sua "classe."    Ogni domenica quel programma si realizza in una località differente. Quando io    stetti lì fui invitato da Chávez al suo "Aló Presidente" in una città non molto    lontano da Caracas e che durò 6 ore. C'erano grandi tende con varie   migliaia di persone, principalmente di gente umile del posto, soprattutto    ragazzi e ragazze, mischiati con ministri ed alti funzionari. Egli    stava in camicia, davanti ad un tavolo in cui c'erano un mappamondo e matite.    segnava quello che gli dicevano nelle  chiamate, e dava lunghe risposte    molto dettagliate facendo frequenti scherzi, ed anche il pubblico interveniva    e scherzava con lui.   Mi resi conto che è un uomo colto che molto cita autori e libri, e con    frequenza si riferiva alla Costituzione alzando il libro che anche egli    porta sempre con sé. Mi sembrò un caso unico nel mondo, quello di un capo    di stato in chiacchierata franca col suo paese, i presenti e gli assenti, in    un programma dal vivo e durante tante ore seguite.   Una poetessa australiana assistètte insieme a me a quel programma, e mentre egli    faceva una descrizione del paesaggio che ci circondava ed i dossi in cui una    volta accampò Bolivar, ella gli gridò: "Tu sei il poeta! ".   È un torrente verbale, pieno di digressioni e digressioni di digressioni,    ma riprende il filo e ritorna a quello che aveva cominciato a dire. E benché    parla senza fermarsi sa anche ascoltare, e si lascia interrompere. In quel "Aló    Presidente", una donna che lo chiamò da un angolo molto remoto    del paese, gli toglieva la parola: "Ma “corazoncito” ascolta, non mi lasci    parlare, lascia che ti spieghi... ".     A Quelle chiamate  rispondeva con matita in mano. Il suo padroneggiare le cifre è come    quello di Fidel. Dimostra una gran conoscenza della storia del Venezuela.    Anche della geografia nelle sue comparizioni pubbliche fa campagna per    promuovere la lettura e raccomanda libri e recita. Quella volta in attenzione a me    lesse un mio poema.  Tra i suoi difetti sta l'essere impulsivo, l'agire a volte con asprezza,    forse con arbitrio; l'essere troppo esigente coi suoi collaboratori,    per questo  è difficile lavorare con lui, lo riconosce egli stesso. Ma    ammette facilmente i suoi errori ed i suoi difetti. In quell'occasione lo sentiamo   incolparsi per decisioni sbagliate.   La gerarchia cattolica è avversa alla rivoluzione come da tutte le parti. E,  come in Nicaragua, è corrotta. Il presidente della Conferenza Episcopale   è dei peggiori. Il cardinale, già morto, arrivò dove era detenuto Chávez quando i   golpisti l'avevano carcerato, e lo volle pressare affinché rinunciasse.  A Caracas c'è un edificio bianco molto grande e molto bello che era la sede centrale di Petroli del Venezuela(PDVSA). Lì la ricca industria petrolifera era    amministrata autonomamente senza che lo Stato potesse intervenire in niente, e    si rubavano quella ricchezza. Solo ora, mediante la nuova Costituzione questo    governo può avere controllo dell'impresa.   Chávez licenzio migliaia di persone corrotte, e tirò fuori tutti quelli che    stavano in quell'edificio bianco, e trasformò  l'edificio in sede della Università Bolivariana, l'università dei poveri. Ora migliaia di    studenti poveri studiano lì, in rilucenti uffici con soffici    tappeti, bagni di lusso e poltrone di cuoio. Prima Chávez stava pensando di dar loro il palazzo di Miraflores (il palazzo presidenziale), perché diceva che egli poteva accomodarsi   in qualunque parte.   Prima la rivoluzione venezuelana dovette affrontare una serrata petrolifera che per  due mesi paralizzò il paese. Danneggiarono i pozzi, le raffinerie e le    tubature, chiusero i distributori di benzina, sabotarono le barche, bloccarono i    porti. non c'era benzina per i veicoli né gas per le cucine, ed in    molte parti del paese si cucinava con legna. Allo stesso tempo chiusero    i supermercati ed altri grandi centri commerciali e i grossisti    distributori di alimentari.   Il governo dovette importare petrolio ai prezzi internazionali, e   enormi quantità di alimenti: carni del Brasile, latte della Colombia,    riso e mais di Repubblica Dominicana. Anche il governo installò in tutto il paese supermercati popolari, dove il popolo poteva comprare a prezzi    più bassi, e questi rimangono da allora. I giorni di Natale furono    passati con  carenze di tutto, ma il paese non si arrese. Uno    spagnolo che è stato in quei giorni ed ora è ritornato, mi contò che il paese    lo sopportò con ogni tipo di inventiva e con umore. Le file erano enormi    e per qualunque cosa, ma in quelle file non si addoloravano né incolpavano a    Chávez.   Nella stessa domenica in cui assistetti al "Aló Presidente", tutti noi poeti di quel festival fummo invitati a cenare con Chávez nel palazzo di Miraflores. nonostante  Chávez fosse appena arrivato dal programma di 6 ore, ebbe prima    della cena un colloquio di più di due ore con noi. Ci contò che nel     salone in cui stavamo si erano riuniti tutti i    golpisti, e dove il presidente della Camera di Impresari si aveva   giurato a sé stesso come unico potere, abolendo il Congresso    Nazionale, il Tribunale di Giustizia ed il Tribunale Elettorale, mentre tutti  gridavano “Viva la democrazia”. Alcuni irlandesi stavano facendo un lavoro di cinema in Miraflores quando iniziò il colpo di stato e filmarono questi eventi,  Chávez ci diede copie di quel film. Fu il colpo di Stato militare più breve del mondo, perché i poveri circondarono Miraflores,    oltre  che in tutto il paese il popolo si rovesciò nelle strade, i    contadini uscirono nelle strade, gli studenti occuparono le    università ed i lavoratori le fabbriche, e gli indigeni uscirono    della selva. Quando Chávez fu liberato dell'isola dove l'avevano detenuto, già il capo    golpista era stato imprigionato.   "La rivoluzione bella", la chiama Chávez a quella del Venezuela.   Nella cena mi toccò stare seduto di fianco al Presidente. Mentre cenavamo    gli si avvicinò qualcuno ad informarlo di un tentativo di privatizzare le acque del    Venezuela (laghi) lagune, fiumi, l'Orinoco compreso, e mi disse  che quello  andava contro la Costituzione e lo avrebbe fermato quella stessa notte, andava a chiamare il presidente dell'Assemblea, benché fosse quasi  la mezzanotte. Dopo che egli si era ritirato, e noi ci apprestavamo a far lo stesso, mi disse un    impiegato del palazzo: Non dorme, egli  è sveglio   fino a molto tardi."    Gli domandai a che ora si alzava, e mi disse: "Molto presto."   Chávez prima di andare via mi chiese la benedizione. Mi scusai, come a volte     faccio, dicendoli che già era benedetto. Ma egli insistètte, e vidi che lo chiedeva    molto sul serio, e che quello era importante per lui. Gli diedi una benedizione solenne    a lui ed al suo paese, e la ricevètte emozionato.   Quando ritornai in Nicaragua, vedendo alcuni titoli di giornale presi   coscienza dell'abisso che separa i nostri due paesi.